IL PIACERE DI FARE SERVIZIO
Ogni settimana attaccapanni di vestiti e tavoli ricolmi di magliette e pantaloni, un mobile di scarpe e cassette di calze, foulard, lenzuola, riempiono il nostro cortile. Borse di alimenti e chiacchiere.
Ci siamo chiesti più volte se questo è sufficiente per aiutare chi viene il giovedì pomeriggio "alla distribuzione". Non risolviamo il problema dei documenti, degli affitti da pagare, degli strozzini che colgono un bisogno per renderlo un debito a vita.Ascoltiamo storie, che crediamo vere, perché spesso condivise con sofferenza e preoccupazione. Parliamo tra donne, perché chi ci mette la faccia nel chiedere spesso sono loro. Giochiamo con i bimbi, offrendo un gelato o un pezzetto di uovo di pasqua.
Non sappiamo se tutto questo serva a qualcosa.
Ma abbiamo visto C. che con la schiera dei suoi figli da badare, spesso arrabbiata, ora arriva con un sorriso. Volentieri si ferma ad allattare la sua ultima piccola, mentre noi intratteniamo i fratellini.
Abbiamo visto che qualcuno non è più tornato perché ha trovato lavoro, perché per un po' si è sistemato.
Certo, qualcuno è peggiorato, qualcuno è in stallo in una situazione da cui non può o non vuole uscire. Anche questa è povertà.
Se il nostro cortile, una volta la settimana diventa crocevia di incontri e di volti, occasione per conoscere chi vive ai margini nel nostro quartiere...allora questo diventa sufficiente a giustificare l'impegno di ogni settimana nello smistare gli indumenti, nel fare km per prendere gli alimenti, nel donare tempo.
E i buoni frutti ce li ha condivisi anche Vale, che nella sua esperienza di clan ha scelto di venire tutte le settimane: