MADAGASCAR, CONTRADDITTORIO MADAGASCAR
Se si dice Madagascar si pensa subito al mare cristallino, ai baobab e ai lemuri.
Ma il Madagascar è altro, è contraddittorio.
È il caos più totale di Taná e allo stesso tempo il silenzio assordante della periferia.
È i taxi brousse pieni di gente che portano sopra il tetto i sacchi di patate e di riso.
È la terra rossa di Ampahimanga
È sporcizia e poca igiene
È i cappelli di paglia
È la luce che salta e le stelle nel cielo
È una lingua un po’ cantilenata, il Malagasy
È strade sterrate piene di buche che sanno far venire il mal di mare
È sorrisi sdentati e pieni di amore
È i bambini che mendicano ma è anche bambini che cantano felici “Mandihiza rahitsikitsika”
È i piedi scalzi, i vestiti bucati e sporchi, i pidocchi
È accoglienza
È la bontà e l’amore delle masera
È le persone che lavano i vestiti al fiume, dove l’acqua però è marrone
È usare erbe sulle ginocchia sbucciate al posto dei cerotti
È i bambini con i nasi sporchi perché non hanno un fazzoletto
È la manioca, il riso e il pesce secco
È persone che per lavoro vendono bottiglie di plastica vuote
È un “manahoana” e un “salama”
È paura e allo stesso tempo curiosità per le vazaha, le straniere
È un litigare tra i bimbi per tenere la nostra mano
È non avere niente eppure essere disposti a donare qualcosa a chi ne ha bisogno
È le sonore risate dei bambini e i loro occhi pieni di vita, nonostante tutto.
Madagascar è un salto indietro nel tempo di 100 anni perché molte cose che abbiamo visto ci hanno ricordato i racconti di nostra nonna di quando era piccola.
Madagascar è povertà.
Povertà che toglie tante possibilità ma che dona una cosa ormai da noi un po’ dimentica: la comunità.
Perché alla fine quando non si ha niente ci si accorge che ciò che davvero è importante è la bontà verso il prossimo.
Perché se un giorno io mi sbuccio un ginocchio, tu mi metti l’erba sopra per curarmi. E il giorno dopo lo farò io a te.
Questo è davvero il Madagascar.
E una volta che abbiamo smesso di chiederci il perché di tante cose e abbiamo iniziato solo a vivere come si fa in Madagascar, abbiamo scoperto la vera bellezza di questa terra.
Perché il riso con il pesce secco a colazione al posto del caffellatte con le fette biscottate è solo questione di tradizione e cultura.
E nessuna delle due colazioni è meglio dell’altra, sono semplicemente diverse. Perché alla fin fine quello è un mondo, nulla di più e nulla di meno, diverso dal nostro.
Ma il Madagascar è altro, è contraddittorio.
È il caos più totale di Taná e allo stesso tempo il silenzio assordante della periferia.
È i taxi brousse pieni di gente che portano sopra il tetto i sacchi di patate e di riso.
È la terra rossa di Ampahimanga
È sporcizia e poca igiene
È i cappelli di paglia
È la luce che salta e le stelle nel cielo
È una lingua un po’ cantilenata, il Malagasy
È strade sterrate piene di buche che sanno far venire il mal di mare
È sorrisi sdentati e pieni di amore
È i bambini che mendicano ma è anche bambini che cantano felici “Mandihiza rahitsikitsika”
È i piedi scalzi, i vestiti bucati e sporchi, i pidocchi
È accoglienza
È avere nella stessa strada stretta bus, auto, persone, moto, bici e carri trainati dai buoi
È un “rahampitso milalao” detto ai bimbi
È la rata della scuola che si paga a kg di riso È la bontà e l’amore delle masera
È le persone che lavano i vestiti al fiume, dove l’acqua però è marrone
È usare erbe sulle ginocchia sbucciate al posto dei cerotti
È i bambini con i nasi sporchi perché non hanno un fazzoletto
È la manioca, il riso e il pesce secco
È persone che per lavoro vendono bottiglie di plastica vuote
È un “manahoana” e un “salama”
È paura e allo stesso tempo curiosità per le vazaha, le straniere
È un litigare tra i bimbi per tenere la nostra mano
È non avere niente eppure essere disposti a donare qualcosa a chi ne ha bisogno
È le sonore risate dei bambini e i loro occhi pieni di vita, nonostante tutto.
Madagascar è un salto indietro nel tempo di 100 anni perché molte cose che abbiamo visto ci hanno ricordato i racconti di nostra nonna di quando era piccola.
Madagascar è povertà.
Povertà che toglie tante possibilità ma che dona una cosa ormai da noi un po’ dimentica: la comunità.
Perché alla fine quando non si ha niente ci si accorge che ciò che davvero è importante è la bontà verso il prossimo.
Perché se un giorno io mi sbuccio un ginocchio, tu mi metti l’erba sopra per curarmi. E il giorno dopo lo farò io a te.
Questo è davvero il Madagascar.
E una volta che abbiamo smesso di chiederci il perché di tante cose e abbiamo iniziato solo a vivere come si fa in Madagascar, abbiamo scoperto la vera bellezza di questa terra.
Perché il riso con il pesce secco a colazione al posto del caffellatte con le fette biscottate è solo questione di tradizione e cultura.
E nessuna delle due colazioni è meglio dell’altra, sono semplicemente diverse. Perché alla fin fine quello è un mondo, nulla di più e nulla di meno, diverso dal nostro.
Ed è bellissimo così.
È proprio questa diversità ad essere stata enormemente arricchente.
Nicole e Camilla