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GRAZIE ALAROBIA!

GRAZIE ALAROBIA!

Siamo in auto, sono le 5:00 del mattino. Mi guardo intorno. 
Penso: ‘Qui vivono davvero’. La povertà, il dolore, la fame, il caldo, niente fa smettere di vivere il popolo malgascio, che colora le strade e le riempie di rumori e occhi, che io ci starei quindici ore a guardarli senza mai stancarmi. 
In strada ci sono donne, uomini, neonati che prendono il latte dalla mamma, bambini piccoli che corrono, che giocano, che lavorano, che portano sulle spalle i loro fratellini. Uomini che urlano, che vendono, che guidano, che fumano. Ragazzi che si baciano, che si tengono per mano. Che si amano. 
Qui c’è tutta la vita che non ti aspetti. Qui la vita non si nasconde, non rimane segreta. 
Qui ti fanno sentire a casa, in strada, perché la loro casa è la strada. Piena di gente, colori, piedi che vanno veloci, mani che sorreggono, mani che faticano, occhi, volti, gambe, sorrisi, cappelli di lana, maglioni, ciabatte infradito e canottiere, e tu non puoi far altro che chiederti: ‘quante stagioni ci sono in una sola strada piena di vita?’ 
E ancora una volta qui sembra non esserci niente, ma standoci davvero, ti accorgi che c’è tutto. 
Grazie Alarobia per avermi fatto guardare fuori e per avermi fatta guardare dentro. 
Grazie per i bambini, tanti, che sono, come sempre, e forse ancora di più, lo zucchero della vita. 
Grazie per le Suore, Bernadette, Leontine, Julie, Viviane, Honorine, Marcelline, Battistine, Adeline, perché mi hanno insegnato, ogni giorno, la bellezza di stare. 
Mi hanno accompagnata con amore, insegnandomi che nessuno al mondo è un peso per gli altri, ma un dono. 
Grazie per aver riso, pianto, lavorato, passeggiato, pregato, cantato, ballato, vissuto una vita vera, piena, profonda e viva insieme a me. 
Grazie per i profumi. E per tutto ciò che è difficile raccontare. 
Per la pace. Oggi la sento anche nel mio cuore. 
Un cuore pieno di persone speciali, di incontri, un cuore buono, gentile, che perdona, un cuore che ha imparato a stare.
Eleonora
dal Madagascar

Sentirsi a casa è proprio questo: 
mostrarsi per come si è, 
è cantare insieme mentre si lavano i piatti. 
È imparare due lingue completamente sconosciute. 
È guardarsi alle 5:10 di mattina 
e sorridersi prima di pregare insieme. 
È ridere fino a non riuscire a respirare più. 
È raccontarsi. È stare. È bello. È vero. 

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