2 agosto 1944
Improvvisamente, verso le 17, giunge la notizia che i tedeschi sono già a Lago e stanno passando il fiume per venire a Palagano. Poco dopo, quasi contemporaneamente, giungono interminabili file di tedeschi da Savoniero e da Toggiano. A Monticello comincia una sparatoria straordinaria da là dal ponte, ove sono state costrette a fermarsi tutte le macchine. Sembrano davvero infuriati. Una grandinata di palline picchietta in tutti i muri. La Rev.da Madre raduna le Suore in chiesa ed il fervore della preghiera raddoppia sulle prime... poi gli spari aumentano e, con essi, lo spavento. Si giudica prudente ripararsi in cantina. Qualcuno pensa che sia giunta la nostra ultima ora. Le bimbe piangono, le Suore anziane, sfollate qui e già spaventate dai bombardamenti in città, si fanno pallide e tremanti. Mi destano una pena vivissima. Ho un'idea e dico: "Se viene una Suora con me, io vado ad affrontare i tedeschi e a dire loro la nostra situazione. Può darsi che si commuovano e che facciano cessare questa sparatoria". Suor Teresa e Suor Gemma sono pronte a seguirmi. Ci segniamo ed usciamo, mentre qualcuno prega di non andare in così grave rischio, di non volerci fare uccidere. Io mi sento calma. Meglio tentare. Dal morire in casa al cadere sulla strada, se questo è prescritto, nessuna differenza. Ci teniamo cautamente contro il muro della piazza e ci facciamo piccole, piegando un poco le ginocchia.
Dovendo poi camminare al largo, cerchiamo di metterci bene in vista ed alziamo le braccia. Quando arriviamo davanti a casa del Sig. Lenzotti, siamo vedute da alcuni Ufficiali che sono nel campo presso la strada del "Monte". Altri, sono ritti su di un grandissimo camion abbandonato ieri dai partigiani. Molti soldati sono nel fosso. Io continuo fin dal ponte interrotto e faccio cenno agli Ufficiali di avvicinarsi, perché desidero parlare loro. Vengono, non senza fatica, scendendo e risalendo le ripide sponde del fosso, quasi impraticabili. Cerco di parlare con calma e con tutta la gentilezza possibile. Dico testualmente: "Qui nessuno risponde alla loro sparatoria, perché il paese è deserto. Siamo soltanto noi, povere Suore, con tante vecchiette e piccole bimbe, molto spaventate. Pregherei di cessare il fuoco od anche gli spari a vuoto, se hanno un po' di senso di umanità. Io assicuro che qui nessuno li attacca. Se hanno una sposa, una madre o dei figli nelle loro case, comprenderanno che cosa sia il terrore". Il giovane Ufficiale ci guarda, non senza una visibile sorpresa e nello stesso tempo, ha un sorriso quasi di simpatia. Capisco subito che il nostro gesto gli è piaciuto. Fa cessare, all'istante, la sparatoria. Poi chiede: "Quanti erano i partigiani a Palagano?" "Non lo so". "Come, non lo sapete proprio?" "Io ne ho veduto qualcuno passare, più volte, per la strada, ma erano tutti sconosciuti". "Ditemi quanti mitra avevano, un pressappoco: 150-200 circa?" "Non posso sapere nemmeno questo. Come potrei dire, domani, ai partigiani quanto sono loro? Li vedo un gruppo qui, un altro là, uno chissà dove e non li posso contare. Altrettanto era dei partigiani". "Voi siete molto diplomatica e non lo volete dire, ma lo sapete. Dite, almeno, chi ha fatto saltare questo ponte". "Partigiani russi e tedeschi" rispondo. "Erano molti?" "Una quarantina circa". Una leggera smorfia.
"Anche la gente di qui è tutta partigiana, vero?" "No, non è vero". "Allora, perché sono fuggiti tutti?" "Perché avevano paura di loro". "Noi non facciamo nulla a chi non è ribelle". "Lo dicono ora, ma i loro camerati, nello scorso marzo, uccisero quasi tutti gli uomini ed anche donne e bambini. Bruciarono molte case nelle vicine frazioni di Monchio, Costrignano, Susano, Savoniero. Quelle povere vittime, non erano 'ribelli', ma persone civili, intente ai lavori di campagna. Così ora, tutti abbiamo paura di loro. Molti fuggono al loro passaggio". "Non credo; questo sono tutte case abbandonate, perché case di 'ribelli', quindi da bruciare". "Non facciano questo. Assicuro che nessuno di questi palaganesi è 'ribelle'. Non facciano rappresaglie qui; un giorno, potrebbero essere un grave peso sulla loro coscienza. Tutti potranno testimoniare la verità di quanto ho detto loro". L'ufficiale si guarda attorno, pensando. Poi chiede se gli diamo un po' di pane.
Improvvisamente, verso le 17, giunge la notizia che i tedeschi sono già a Lago e stanno passando il fiume per venire a Palagano. Poco dopo, quasi contemporaneamente, giungono interminabili file di tedeschi da Savoniero e da Toggiano. A Monticello comincia una sparatoria straordinaria da là dal ponte, ove sono state costrette a fermarsi tutte le macchine. Sembrano davvero infuriati. Una grandinata di palline picchietta in tutti i muri. La Rev.da Madre raduna le Suore in chiesa ed il fervore della preghiera raddoppia sulle prime... poi gli spari aumentano e, con essi, lo spavento. Si giudica prudente ripararsi in cantina. Qualcuno pensa che sia giunta la nostra ultima ora. Le bimbe piangono, le Suore anziane, sfollate qui e già spaventate dai bombardamenti in città, si fanno pallide e tremanti. Mi destano una pena vivissima. Ho un'idea e dico: "Se viene una Suora con me, io vado ad affrontare i tedeschi e a dire loro la nostra situazione. Può darsi che si commuovano e che facciano cessare questa sparatoria". Suor Teresa e Suor Gemma sono pronte a seguirmi. Ci segniamo ed usciamo, mentre qualcuno prega di non andare in così grave rischio, di non volerci fare uccidere. Io mi sento calma. Meglio tentare. Dal morire in casa al cadere sulla strada, se questo è prescritto, nessuna differenza. Ci teniamo cautamente contro il muro della piazza e ci facciamo piccole, piegando un poco le ginocchia.
Dovendo poi camminare al largo, cerchiamo di metterci bene in vista ed alziamo le braccia. Quando arriviamo davanti a casa del Sig. Lenzotti, siamo vedute da alcuni Ufficiali che sono nel campo presso la strada del "Monte". Altri, sono ritti su di un grandissimo camion abbandonato ieri dai partigiani. Molti soldati sono nel fosso. Io continuo fin dal ponte interrotto e faccio cenno agli Ufficiali di avvicinarsi, perché desidero parlare loro. Vengono, non senza fatica, scendendo e risalendo le ripide sponde del fosso, quasi impraticabili. Cerco di parlare con calma e con tutta la gentilezza possibile. Dico testualmente: "Qui nessuno risponde alla loro sparatoria, perché il paese è deserto. Siamo soltanto noi, povere Suore, con tante vecchiette e piccole bimbe, molto spaventate. Pregherei di cessare il fuoco od anche gli spari a vuoto, se hanno un po' di senso di umanità. Io assicuro che qui nessuno li attacca. Se hanno una sposa, una madre o dei figli nelle loro case, comprenderanno che cosa sia il terrore". Il giovane Ufficiale ci guarda, non senza una visibile sorpresa e nello stesso tempo, ha un sorriso quasi di simpatia. Capisco subito che il nostro gesto gli è piaciuto. Fa cessare, all'istante, la sparatoria. Poi chiede: "Quanti erano i partigiani a Palagano?" "Non lo so". "Come, non lo sapete proprio?" "Io ne ho veduto qualcuno passare, più volte, per la strada, ma erano tutti sconosciuti". "Ditemi quanti mitra avevano, un pressappoco: 150-200 circa?" "Non posso sapere nemmeno questo. Come potrei dire, domani, ai partigiani quanto sono loro? Li vedo un gruppo qui, un altro là, uno chissà dove e non li posso contare. Altrettanto era dei partigiani". "Voi siete molto diplomatica e non lo volete dire, ma lo sapete. Dite, almeno, chi ha fatto saltare questo ponte". "Partigiani russi e tedeschi" rispondo. "Erano molti?" "Una quarantina circa". Una leggera smorfia.
"Anche la gente di qui è tutta partigiana, vero?" "No, non è vero". "Allora, perché sono fuggiti tutti?" "Perché avevano paura di loro". "Noi non facciamo nulla a chi non è ribelle". "Lo dicono ora, ma i loro camerati, nello scorso marzo, uccisero quasi tutti gli uomini ed anche donne e bambini. Bruciarono molte case nelle vicine frazioni di Monchio, Costrignano, Susano, Savoniero. Quelle povere vittime, non erano 'ribelli', ma persone civili, intente ai lavori di campagna. Così ora, tutti abbiamo paura di loro. Molti fuggono al loro passaggio". "Non credo; questo sono tutte case abbandonate, perché case di 'ribelli', quindi da bruciare". "Non facciano questo. Assicuro che nessuno di questi palaganesi è 'ribelle'. Non facciano rappresaglie qui; un giorno, potrebbero essere un grave peso sulla loro coscienza. Tutti potranno testimoniare la verità di quanto ho detto loro". L'ufficiale si guarda attorno, pensando. Poi chiede se gli diamo un po' di pane.
Dichiaro che il contenuto di queste pagine, le quali non hanno alcuna pretesa letteraria, essendo mio memoriale personale, è pura e semplice verità. Auguro a quanti leggeranno di imprimersi nel cuore un vivo orrore per la guerra ed un grande desiderio di Amore, di Pace e di Bene per tutti.
Palagano, S. Pasqua 1979
Imelde Ranucci
(I.Ranucci, Lagrime e sangue, 8 settembre 1943-30 maggio 1945, Modena 1979)